E’ legale incorporare (embedding) contenuti protetti da copyright senza l’autorizzazione dell’autore

L’embedding – ovvero l’attività di incorporare un video di proprietà di terzi sul proprio sito, blog o pagina web – è lecito anche se nel caso in cui venga fatto senza esplicita autorizzazione del titolare dei diritti. Lo la chiarito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ormai 10 anni fa.

In particolare, secondo i giudici della corte di giustizia UE, incorporare un video altrui già pubblico, e quindi messo a disposizione dal proprietario che lo ha reso accessibile da altro sito, non costituisce un comportamento vietato dalle norme sul diritto d’autore dell’Unione Europea. E ciò perché già lo stesso autore, nel rendere pubblico il contenuto, ha deciso di divulgarlo e renderlo accessibile a chiunque. Un’apertura, insomma, a 360 gradi, da parte dei giudici comunitari nei confronti della condivisione dei contenuti su internet.

Attenzione però a verificare che tali contenuti siano effettivamente resi disponibili pubblicamente dall’autore. E’ VIETATO infatti condividere link o incorporare contenuti che siano disponibili esclusivamente in aree limitate da password o con codici di accesso.

Quindi chi si veda riprodurre il proprio video (già pubblico) sul sito altrui non potrà recriminare nulla anche se non ha mai dato il proprio consenso. Anche questa volta, infatti, la Corte ritiene che non sussista alcuna violazione del diritto di autore.

In ogni caso, l’autore dell’emebed non deve né alterare né diffondere per la prima volta il contenuto altrui ma solo richiamarlo qualora già pubblico e di libero accesso.

Eccezioni (es. materiale pedo-pornografico)

Quanto sopra espresso è valido a patto che non violi altre norme, ad esempio tutte le casistiche citate dagli artt. 600 ter e quater del Codice Penale inseriti dalla Legge del 3 agosto 1998 n. 269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”.

Il codice, così come modificato, recita nel III° comma dell’art. 600 ter: “Chiunque […]con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645”.

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